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Cosa è stato fatto in due anni?

Nella foto: la nostra fine classe politica la risposta la conosce...

Come si può vedere, dall'articolo che riportiamo poco sotto, non siamo gli unici ad aver insistito nel proporre certe soluzioni, e la spiegazione è banale:

Perchè chi si occupa di trasporto sa che queste sarebbero le prime misure da prendere essendo le più efficienti sotto ogni punto di vista (e anche le uniche realizzabili in tempi utili).

Cosa è stato fatto in questi due anni?
Niente.
Assolutamente niente.

Ci chiediamo perché?
Perché non è stato fatto niente di quanto proposto quando chiunque si occupi di trasporto pubblico lo propone?
Non c'è nessuna giustificazione di sorta che regga questo immobilismo, tanto più quando si ha la sfrontatezza di vantarsi della propria "Eccellenza".


Milano, 30.12.21



Tratto dalla pagina facebook di MSR Milano

Una proposta / 
IL TRASPORTO PUBBLICO A MILANO NELLA FASE DI RIPRESA DALLA CRISI SANITARIA: 
COME POTENZIARE RAPIDAMENTE L’OFFERTA A PARITÀ DI MEZZI E PERSONALE
21.4.2020

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Sommario
- L’aumento della velocità commerciale dei mezzi del trasporto pubblico consente di offrire un maggior numero di corse a parità di mezzi in servizio e di personale addetto alla guida degli stessi
- Può quindi essere un fattore determinante per offrire un numero più elevato di posti (e di conseguenza le possibilità di distanziamento sociale a bordo)
- L’incremento della velocità commerciale, nell’ordine di 2-3 km/h, consente nell’immediato di aumentare il numero di posti offerti di circa il 15-20%
- I target di aumento della velocità commerciale potrebbero essere efficacemente raggiunti nel brevissimo periodo grazie alla realizzazione, su larga scala, di nuove corsie preferenziali/riservate ai mezzi di trasporto pubblico
- L’efficacia dell’azione sarà tanto più elevata quanto con maggiore anticipo essa potrà essere attuata rispetto alla ripresa graduale delle attività, degli spostamenti e di conseguenza dei flussi di traffico
- La rapida predisposizione di corsie riservate, opportunamente dimensionate, potrebbe contemporaneamente essere un efficace provvedimento teso ad aumentare gli spazi dedicati ai ciclisti, che cresceranno nella fase post-emergenziale
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È via via sempre più evidente che il trasporto pubblico sia uno dei sistemi che maggiormente dovrà adeguarsi alle nuove e profondamente diverse necessità che questa emergenza sanitaria ci lascerà in eredità. Per sua natura, il trasporto pubblico locale è un sistema che funziona in modo piuttosto rigido e i margini di manovra, in questo settore, sono limitati.
La sfida, oggi, è quella di poter studiare e mettere rapidamente in campo azioni che possano rispondere con efficacia alle esigenze che la fase post-emergenziale imporrà di tenere in considerazione. In quest’ottica, l’aumento della velocità commerciale dei mezzi del trasporto pubblico può risultare un fattore determinante per offrire un numero più elevato di posti (e di conseguenza aumentare la capacità di trasporto o – detto in altri termini – aumentare le possibilità di distanziamento sociale) sulle linee.
Infatti, un aumento della velocità commerciale, e cioè una diminuzione dei tempi di viaggio da capolinea a capolinea e viceversa, consente di offrire un maggior numero di corse/frequenze/transiti a parità di mezzi in servizio e di personale addetto alla guida degli stessi.
Ad esempio:
- un mezzo della linea 57 (ATM) impiegava, nell’ora di punta feriale pre-crisi, 1h39’ per compiere l’intero percorso di andata e ritorno, con una velocità commerciale (media) di 11,5 km/h; un aumento di 2 km/h della velocità commerciale consentirebbe di ridurre i tempi di giro di 14 minuti, rendendo immediatamente utilizzabili 3 mezzi per infittire le frequenze sulla stessa linea (14% della capacità in più);
- un mezzo della linea 67 (ATM) impiegava, nell’ora di punta feriale pre-crisi, 1h40’ per compiere l’intero percorso prolungato di andata e ritorno, con una velocità commerciale (media) di 12,1 km/h; un aumento di 2,5 km/h della velocità commerciale consentirebbe di ridurre i tempi di giro di 15 minuti, rendendo immediatamente utilizzabili 2 mezzi per infittire le frequenze sulla stessa linea (16% della capacità in più);
- un mezzo della linea 95 (ATM) impiegava, nell’ora di punta feriale pre-crisi, 2h05’ per compiere l’intero percorso di andata e ritorno, con una velocità commerciale (media) di 10,1 km/h; un aumento di 3 km/h della velocità commerciale consentirebbe di ridurre i tempi di giro di 27 minuti, rendendo immediatamente utilizzabili 4 mezzi per infittire le frequenze sulla stessa linea (22% della capacità in più).
Tale approccio può essere applicato su tutte le linee, anche tranviarie (dove peraltro è maggiore la capacità dei mezzi e maggiore potrebbe risultare il valore assoluto dei posti offerti a parità di mezzi e personale di guida) e di area urbana/interurbane.
I target di moderato aumento della velocità commerciale, in attesa dei complementari interventi relativi al preferenziamento semaforico (che richiedono tempi di predisposizione maggiori), potrebbero essere efficacemente raggiunti nel brevissimo periodo grazie alla realizzazione, su larga scala, di nuove corsie preferenziali/riservate ai mezzi di trasporto pubblico, inizialmente individuabili grazie alla sola segnaletica orizzontale e verticale (e a eventuali elementi di separazione in gomma).
La strategia alla base della proposta è quella di utilizzare già da ora parte della capacità stradale, non sfruttata a causa del grande calo della domanda di mobilità dovuta alla sospensione della maggior parte delle attività, per riservare al trasporto pubblico spazi che consentono di diminuire i tempi di percorrenza delle linee e aumentarne le frequenze. Questa azione sarà tanto più efficace quanto con maggiore anticipo essa potrà essere attuata rispetto alla ripresa graduale delle attività, degli spostamenti e di conseguenza dei flussi di traffico (con il rischio che diventerebbe più difficile, se non impossibile, operare in questi termini quando i livelli di congestione saranno elevati – probabilmente più elevati di prima – e il sistema di trasporto pubblico perderà il suo ruolo di elemento portante della mobilità urbana).
Le corsie riservate potrebbero essere rapidamente ricavate, ovunque sia possibile e a seconda della casistica, prioritariamente con l’apposizione della sola segnaletica:
- 1) a centro strada, in particolare se si tratta di linee tranviarie;
- 2) dedicando ai bus la prima corsia più a destra nelle carreggiate percorse dai mezzi del trasporto pubblico;
- 3) riservando ai bus (e ai tram) una delle due direzioni di marcia delle carreggiate stradali a doppio senso.
Gli interventi di cui ai precedenti punti 2 e 3, opportunamente dimensionati, potrebbero oltretutto costituire un utile intervento volto all’ampliamento della rete ciclabile, permettendo anche ai ciclisti di percorrere le stesse corsie riservate così ricavate.
È infatti ipotizzabile che, nelle fasi immediatamente successive alla riapertura graduale delle attività, parte della domanda di mobilità possa rivolgersi con maggior vigore alla bicicletta come modalità di trasporto sicuro (non solo dal punto di vista sanitario) e rapido. Sono già peraltro numerose le città europee che, durante questa crisi sanitaria, hanno agito ampliando notevolmente gli spazi da dedicare ai pedoni e – soprattutto – alle biciclette.
La rapida predisposizione di corsie riservate potrebbe pertanto essere un efficace provvedimento teso ad aumentare e garantire il distanziamento sociale, da un lato per gli utenti del servizio di TPL (consentendo l’incremento della capacità offerta a parità di veicoli/personale) e dall’altro per i ciclisti (sia coloro che già utilizzavano la bicicletta, sia i cittadini che – nella fase post-emergenziale – con ogni probabilità sceglieranno di considerare la bicicletta come prevalente modalità di trasporto).

https://www.facebook.com/msrmilano.news/posts/1627861357368988


Tpl e Covid - In queste condizioni non agire è un delitto

L'abbiamo detto molte volte noi e tante altre realtà che si occupano di trasporto pubblico e ambiente, ma malgrado l'attuale drammatica situazione le istituzioni continuano a rimanere sorde a ogni evidenza.

In questo momento storico velocizzare il trasporto pubblico non serve solo a migliorare la mobilità e la salute dei cittadini, è soprattutto L'UNICO MODO reale per aumentare la frequenza dei mezzi e in questo modo diluire la presenza degli utenti sui mezzi aumentandone così il distanziamento fisico a bordo.

Quando Atm, Comune e Regione dicono che il tempo necessario per acquistare nuovi mezzi richiede molti mesi o anche anni dicono il vero, ma velocizzare il percorso dei mezzi è una cosa fattibile in poco tempo, e richiede un investimento che, se paragonato all'acquisto di nuovi mezzi, è assolutamente risibile.

Semafori asserviti che fanno trovare il verde e corsie protette che lasciano sempre strada libera ai mezzi pubblici, più l'abolizione di alcune norme inutili, permetterebbero di aumentare in molti casi la frequenza dei mezzi fino al 70% o 100% dell'attuale!

Questo, per dirlo con altre parole, significa che se un mezzo raddoppia la propria velocità commerciale dimezza il tempo necessario a compiere il proprio percorso. Quindi se prima la frequenza di una determinata linea era di un passaggio ogni 10' minuti poi sarà di 5', e quindi la stessa quantità di persone che prima si sarebbe pigiata su un mezzo ora sarà distribuita su due mezzi. E tutto questo senza dover aumentare il personale e acquistare nuovi mezzi.

Ciò significa dare una risposta rapida alla necessità di distanziare le persone sui mezzi, in tempi utili e a costi molto bassi.

Inoltre la messa in opera di questi provvedimenti, portando a una forte riduzione dei tempi di viaggio, non solo sarebbe molto apprezzata dagli utenti del tpl, ma la maggior velocità commerciale e frequenza spingerebbe molti cittadini, superata l'emergenza sanitaria più stringente, a lasciare a casa l'auto per usare tram e bus portando a un miglioramento della qualità dell'aria della nostra città.
Vogliamo ricordare a proposito che recenti studi mettono in correlazione l'inquinamento da polveri sottili, come il famigerato pm2.5, con la maggior vulnerabilità dei nostri corpi al decorso grave della malattia provocata dal covid 19. 

Perchè a Milano non si è ancora fatto niente di tutto ciò?
Non agire in una situazione così drammatica per noi si configura come un delitto.

Non è più sostenibile la concezione sorpassata e deleteria della città costruita in funzione dell'auto privata. In molte parti del mondo c'è in atto un ripensamento che ribalta la gerarchia della mobilità attuale, dando priorità al trasporto pubblico di massa e alla "mobilità dolce", e ricollocando l'auto all'ultimo invece che al primo posto delle priorità.

Bisogna che le nostre istituzioni decidano da che parte stare, se dalla parte di chi intende la città come una fabbrica di soldi a cui vendere solo auto, cemento e veleno, o intraprendere un radicale ripensamento della città, per renderla più vivibile e salubre per chi ogni giorno ci lavora e ci vive.

Tutto il mondo, e Milano in particolare, ha già pagato un tributo di lutti enormi per la pandemia, e conoscere delle soluzioni ma non applicarle non è accettabile

Non esistono giustificazioni valide, si deve procedere immediatamente all'asservimento dei semafori di tutte le linee tranviarie e di forza della rete di superficie, e l'istituzione di corsie protette per tutti i mezzi a partire dalle linee tranviarie. A Milano la velocità commerciale media della rete tranviaria è di 10km/ora, altrove arriva anche a 22km/ora. Ci sono ampi margini di miglioramento.

VELOCIZZARE IL TRASPORTO PUBBLICO È L'UNICO MODO,  
IN TEMPI UTILI E A COSTI BASSI, 
PER AUMENTARE LA FREQUENZA DEI MEZZI 
E DI CONSEGUENZA 
IL DISTANZIAMENTO FISICO A BORDO.

Realizzarlo è tecnicamente fattibile, chi non lo fa si assume una tremenda responsabilità.


Differenza in minuti dei tempi di percorrenza fra Milano e varie città europee



Leggi anche: Perché a Milano non si è mai deciso di velocizzare il trasporto pubblico di superficie?

Milano, 20.1.21

Covid19 - Le polveri sottili influiscono su contagi e mortalità

Il seguente articolo riporta, in base a un recente studio, come le polveri sottili influiscano su contagi e gravità nel decorso della malattia denominata Covid19.

Le polveri sottili sono prodotte dal traffico automobilistico che in un ambito come la città, e in special modo una città come Milano posizionata nella pianura padana, hanno quindi una relazione molto forte con le drammatiche conseguenze della pandemia.

Alla luce di tutto ciò non ripensare la città in chiave ecologica è un ulteriore attentato alla salute di tutti noi. Bisogna ribaltare la gerarchia esistente nella mobilità cittadina, al primo posto vanno messi i traporti di massa, poi la mobilità dolce (bici e pedoni) e per ultimo quella privata su gomma. Attualmente è l'esatto contrario, con l'automobile regina incontrastata della città a cui si sacrificano spazio e risorse, e il tpl (il trasporto pubblico) fanalino di coda sacrificabile anche quando si tratta di far spazio per una ciclabile. 

Queste considerazioni non nascono da una posizione "ideologica", ma da una concezione della società che mette al primo posto la salute e il benessere di tutti, e da una seria analisi tecnica e scientifica delle soluzioni.

Vi lasciamo alla lettura di questo articolo.


Covid, lo studio italiano: “Sono le polveri sottili e non l’inquinamento in generale a influire su contagi e mortalità”

Covid, lo studio italiano: “Sono le polveri sottili e non l’inquinamento in generale a influire su contagi e mortalità”

La proteina che protegge l’organismo dai danni delle polveri sottili (precisamente il PM2.5) è la stessa che favorisce l’azione dannosa del Sars Cov-2. È quanto sostiene lo studio portato avanti da Mauro Minelli, immunologo e visitor professor di immunologia clinica nell’Università di studi Europei “J.Monnet”, con la dottoressa Antonella Mattei, ricercatrice di Statistica Medica presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università degli Studi dell’Aquila. Lo studio, infatti, afferma che non è l’inquinamento atmosferico generalmente inteso una delle cause della maggiore incidenza dell’infezione sulla popolazione mondiale, ma gli effetti dell’esposizione delle persone al PM2.5, cioè un mix di polveri sottili prodotte da industrie, veicoli e altre sorgenti, con particelle dal diametro inferiore o uguale a 2,5 micron, cioè millesimi di millimetro. Il lavoro di Minelli e Mattei ha approfondito il legame associativo tra i tassi d’incidenza Covid-19 e due inquinanti ambientali rappresentati, oltre che dal PM2.5, anche dal biossido d’azoto (NO2), correlati a due ulteriori fattori: l’indice di vecchiaia e la densità di popolazione.

“Abbiamo visto – ha spiegato Minelli a ilfattoquotidiano.it – che l’esposizione aumenta il tasso d’incidenza del Covid di 2,79 ammalati per 10mila persone se la concentrazione di PM2.5 aumenta di un microgrammo per metro cubo d’aria, e di 1,24 ammalati per 10mila persone se la concentrazione di NO2 aumenta di un microgrammo per metro cubo d’aria”.

Lo studio, quindi, mira ad evidenziare come l’emergenza sanitaria sia strettamente connessa a una specifica “dinamica ecologica”. Il nostro organismo, infatti, quando è lungamente esposto al PM2.5 sviluppa una proteina chiamata “ACE2” per difendersi da quelle polveri, ma proprio quella proteina diventa una trappola: “ACE2 – ha chiarito Minelli – diventa una sorta di serratura per il virus e soprattutto per la sua azione nociva sull’organismo”. Questa tesi spiegherebbe l’elevato tasso di incidenza, e poi anche di mortalità da Covid-19, nelle regioni del Nord rispetto a quelle del centro-sud. “Per confermarlo – aggiunge l’immunologo – basterebbe analizzare i dati di Taranto e della sua provincia, notoriamente una delle più inquinate d’Italia, ma che da anni non registra più livelli significativi proprio di PM2.5 come rilevato dalle centraline dell’Arpa Puglia distribuite nel territorio ionico. Al 3 novembre 2020, Taranto era la penultima provincia della Puglia per tassi di incidenza da Covid-19, seguita solo dalla provincia di Lecce”. Per Minelli, quindi, parlare in generale di smog o di inquinamento non è corretto o quantomeno è troppo generico e quindi fuorviante.

Nello studio, pubblicato da International Journal of Enviromental Research and Public Health si legge che “gli individui permanentemente esposti a livelli medi o alti di PM2.5 sviluppano, per una alta espressione di ACE2, una sorta di automatica protezione contro l’infiammazione polmonare prodotta da PM2.5 per la micidiale composizione chimica di questa miscela di microinquinanti. Tale particolarità, tuttavia, può non risultare del tutto utile e vantaggiosa nel caso in cui, come accade col Covid-19, il virus responsabile della malattia utilizzi proprio l’ACE2 come recettore della internalizzazione cellulare. Dunque, ACE2 è la ‘serratura’ attraverso la quale il Covid ‘inganna’ la cellula umana, penetra al suo interno, la infetta e, conseguentemente, innesca tutto il processo patologico che caratterizza il quadro clinico”.

A questo va aggiunto che “le differenze individuali relative alla distribuzione e alla funzionalità di ACE2 potrebbero spiegare, almeno in parte, la diversa entità dei quadri sintomatologici variamente espressi dai soggetti colpiti. Nei bambini, per esempio, è stato ipotizzato che la loro minore vulnerabilità rispetto al nuovo coronavirus sia imputabile proprio al fatto che i recettori ACE2 possano non essere così sviluppati, ovvero avere conformazione diversa rispetto a quelli degli adulti. E ciò renderebbe più difficile la connessione tra lo spike del virus e la serratura d’ingresso nelle cellule”.

Insomma il motivo per cui Lombardia e Veneto sono le zone più colpite è da ricollegare, secondo lo studio, al fatto che quelle zone “risultano essere più massivamente e cronicamente esposte ad alti livelli di PM2.5, ciò che comporta un’aumentata espressione di ACE2 a livello polmonare” che causa “l’elevato tasso di incidenza e poi anche di mortalità”. E poi molto alta risulta, soprattutto in Lombardia, la densità della popolazione, altro fattore preso in esame nello studio.

Infine, Minelli ha lanciato un interrogativo: “Tra marzo e maggio, in Italia, come in gran parte del mondo, si è fermato tutto. Non c’è stato traffico veicolare. Auto, navi, aerei erano tutti fermi. Si sono fermate le industrie. Il tasso di emissione dei vari inquinanti, tra i quali ovviamente anche il PM2.5 e il biossido di azoto, è crollato come documentato dai report del programma di ricerca legato al lancio del satellite europeo Copernicus Sentinel-5P. E proprio all’inizio dell’estate abbiamo avuto la riduzione importante del numero di casi di Covid. Poi, dopo il lockdown, abbiamo riaperto tutto e, conseguentemente, anche i livelli di inquinamento sono tornati a crescere. Allora, la seconda ondata è davvero stata causata solo dalla riapertura delle discoteche, delle scuole e di altri luoghi? Oppure – ha concluso Minelli – l’incapacità di bloccare la nuova avanzata del virus, che resiste ai colori delle zone e all’uso generalizzato di mascherine e misure di contenimento, potrebbe essere legata alla reale impossibilità di generare un abbattimento significativo dell’inquinamento, pari a quello ottenuto in occasione del primo lockdown?”.

(Articolo originale su il Fatto Quotidiano)


Milano, 15.1.21


Recovery Plan e Trasporti

Condividiamo, dalla pagina facebook di CityRailways, queste prime osservazioni sulla bozza proposta per l'utilizzo dei fondi del Recovey Fund.



È stata diffusa in queste ore la bozza del piano #NextGenerationItalia nominato “Piano di ripresa e resilienza” (https://www.startmag.it/.../next-generation-italia-ecco.../).

Parliamo del documento di impegno della quota italiana dei finanziamenti e dei prestiti del fondo #RecoveryFund. 125 pagine che di rilevante hanno solo la prosa sostenuta da un anglicorum di una protervia che Manzoni avrebbe ritenuto sfacciata anche per il suo Don Abbondio. 

Sebbene sia veramente difficile capire dove si voglia andare a parare con 35 miliardi destinati a “Innovazione, competitività digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione” oppure con i 6,3 miliardi per l’ ”impresa verde e l’economia circolare”. 

Tra le poche cose chiare c’è che alle infrastrutture – quelle che avrebbero dovuto rivoluzionare il Paese – resta circa il 20% dei 196 miliardi nominali del paniere. 

Dei 27,7 miliardi per le “Infrastrutture per la mobilità sostenibile” 23,6 vanno al capitolo “Alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0”: fatto salvo l’ammontare del fabbisogno per la manutenzione stradale (che poco ha a che fare con la sostenibilità) in questo capitolo grasso che cola se resterà la copertura per il piano di RFI per il completamento della rete AV ferroviaria (10 miliardi, https://www.fsitaliane.it/.../piano-industriale-fs-2019...).

Dei 76 miliardi destinati alla “Rivoluzione verde” il 60% va al comparto dell’edilizia: appena 18,6 vanno alla “transizione energetica e mobilità locale sostenibile”, mettendo insieme il comparto gomma con quelle del trasporto rapido di massa (metropolitane, ferrovie urbane, tramvie). 

Se si pensa che la sola sostituzione/integrazione del parco autobus con tecnologie a minore impatto della trazione diesel secondo gli obiettivi del Piano Nazionale Strategico per la Mobilità Sostenibile (PSN-MS, https://www.mit.gov.it/.../normativa/2019-06/DPCM_PSNMS.pdf
Dati per la città di Melbourne,
ma sempre utili come promemoria
per i nostri governanti
) richiederebbe almeno 7 miliardi integrativi del finanziamento di 3,5 miliardi già stanziati per 35 mila nuovi autobus sul periodo 2021-2028 e che l’insieme dei PUMS già approvati da Città metropolitane e città con oltre 250 mila abitanti prevede misure sul trasporto rapido di massa (TRM) per 50 miliardi nei prossimi 10 anni.Se questa bozza fosse lo stanziamento finale: alla mobilità sostenibile andranno appena 10 miliardi, appena un quinto del fabbisogno sul #TRM. Insomma, a patto di non spostare tutta la sostenibilità su telelavoro, teledidattica e micro-mobilità, tutto come prima per le nostre città.



Milano, 9.12.20




Covid19 - Trasporto: usare meglio quello che c'è

Con una tempismo comico degno di Stanlio e Ollio le nostre Istituzioni sono riuscite ad accorgersi solo adesso, in piena seconda ondata della pandemia, che con le scuole, gli uffici e le fabbriche aperte sui mezzi pubblici si creano assembramenti. Impossibile da prevedere! 

Cosa non è la genialità, eh? 

In questo articolo ci limitiamo all'aspetto che riguarda il trasporto pubblico (forse potremmo includere anche i banchi con le rotelle?) ma la situazione sarebbe comica, se non fosse terribilmente drammatica, sotto ogni aspetto delle misure prese da governo e regioni per contrastare il dilagare della pandemia.

I responsabili di questo colpevole ritardo e inefficienza abbozzano come giustificazione gli inevitabili tempi lunghi per poter acquistare nuovi mezzi, necessari per incrementare le corse e quindi diluire la densità di utenti sui mezzi pubblici.

Ma comprare nuovi mezzi non è l'unica soluzione, per lo meno non è la prima e più rapida da prendere in questa situazione (lo è casomai in prospettiva).

E' possibile aumentare le capacità del Tpl sfruttando meglio quello che già c’è!

Noi ne parliamo da anni perchè è da sempre una necessità per preservare il diritto alla salute e alla mobilità dei cittadini, ma ora è diventata una necessità irrimandabile!

Il primo e più veloce modo di rispondere alla necessità di aumentare la capacità del tpl è aumentarne la velocità e la regolarità, cosa che si traduce automaticamente in un aumento delle frequenze, tramite l'istituzione di corsie protette e semafori asserviti

Questi relativamente semplici ed economici provvedimenti permettono di aumentare la frequenza dei mezzi delle linee di superficie in alcuni casi fino al 100% di quella attuale, utilizzando gli stessi mezzi e lo stesso personale di adesso!

Semafori asserviti vuol dire che quando arriva il tram scatta il verde e le macchine si fermano, che se necessario lo spazio per le auto viene ristretto perchè al centro della strada si realizza una corsia per i mezzi pubblici protetta da barriere fisiche (come dei cordoli, salvagenti o altro), e i mezzi pubblici scorrono senza rallentamenti o incagli.

La fattibilità di tutto ciò non è una questione tecnica, per quello basta copiare quello che da vent'anni fanno nel resto del mondo, ma ci vuole la volontà politica di farlo, che significa prima di tutto rimodulare la gerarchia delle strade mettendo al primo posto il trasporto di massa e subordinando a quest’ultimo quello privato.

Ciò non risolve completamente il problema dato dal Covid19, ma di sicuro, oltre a essere fattibile in tempi brevi, è l'unica cosa che può permettere una diluizione degli utenti.

Altri provedimenti, come istituire un po’ di km di piste ciclabili, sono positivi ma pensare che queste possano assorbire uno spostamento immediato e di massa di cittadini dalle auto e mezzi pubblici alla bici è pura demagogia.

I motivi per cui a Milano non si è mai investito sul tpl di superficie sono a nostro avviso sostanzialmente due: il primo è legato a una mentalità vecchia di 40 anni mai aggiornata, l'altro, e forse il principale, è l'interesse a lasciare il tpl di superficie a languire nel traffico per dimostrare che l'unica soluzione sono nuove metropolitane, molto onerose per le casse pubbliche ma anche molto remunerative per le aziende che le costruiscono, nonchè medaglia da esibire per i politici che se ne fanno bandiera.

Invece le soluzioni sono anche altre, per esempio col costo della sola M4 si sarebbero potute costruire (e sarebbero già finite) 10 (dieci) veloci e moderne metrotranvie di superficie! Immaginiamo cosa vorrebbe dire se adesso ci fossero 10 moderne linee a grande capienza che collegassero l'hinterland con Milano.
Quante decina di migialia di auto in meno ogni giorno? Quale migliore qualità dell'aria?

Il Covid19 sta dimostrando, oltre ogni ragionevole dubbio, quanto tutto nella nostra società sia improntato alla ricerca del profitto per pochi a spese di tutti gli altri.
E' il momento di cambiare, non c'è motivo al mondo per non farlo. Questa volta non è l'Europa che c'è lo chiede, è il Covid! Il trasporto pubblico deve essere considerato un bene comune perchè da esso deriva il bene e la salute del nostro ambiente e di tutti i cittadini e le cittadine.

Milano, 20.10.20





Covid19 - Trasporto a Milano: siamo pronti?

Fra pochi giorni le attività lavorative e scolastiche riprenderanno a pieno regime come prima dell’esplosione della pandemia da Covid19 e sorge spontaneo porsi qualche domanda:  

Come stiamo arrivando a questo appuntamento? Questa volta siamo preparati? 

In queste ultime settimane se ne sono viste di cotte e di crude in tutta Italia. 
Il governatore della Sicilia Musumeci avrebbe voluto espellere dall'isola le persone migranti per "preservare la salute" dei siciliani, malgrado non sia stato riscontrato un solo contagio dovuto a chi è arrivato coi barconi, e al contempo non ha emesso nessuna ordinanza per il distanziamento sui mezzi di trasporto, aliscafi compresi, quando in realtà l’unico focolaio arrivato via mare è stato, guarda caso, un aliscafo di turisti.
Se ci spostiamo dall'altra parte d'Italia resta a imperitura memoria la scellerata decisione della Regione Lombardia di cancellare il distanziamento fisico a bordo dei treni regionali. Tanto i povery possono anche morire.
Adesso le Regioni chiedono al governo di “Allentare il distanziamento sui bus” perché se no "il sistema non regge". Che è un po' come far magicamente diventare potabile l'acqua alzando la soglia consentita per legge degli inquinanti velenosi.

Insomma, a vedere questa situazione non ci pare il caso di essere troppo ottimisti e fiduciosi nelle nostre Istituzioni… 

A Milano il Comune dice di essere preparato e sbandiera la creazione di alcuni chilometri di piste ciclabili (a cui noi siamo certamente favorevoli, anche se abbiamo qualche riserva sulle modalità con cui sono state realizzate).

Ma basta? 
Secondo noi assolutamente no.

Non c’è bisogno di essere degli esperti per capire che la ripresa del tradizionale traffico automobilistico (per giunta maggiorato da chi non utilizza più il traposto pubblico per timore di contagio), e la pretesa di affrontare il problema con qualche km di piste ciclabili e nessun provvedimento per aumentare la capacità del trasporto pubblico, aumentandone velocità, frequenza e puntualità, è destinata a fallire miseramente. 

Così rischiamo di andare incontro a un intasamento da traffico che penalizzerà ancora di più le già ridotte capacità di tram e bus, e che causerà un peggioramento della già velenosa qualità dell’aria di Milano (fra le più pericolose d’Europa). 


Ecco secondo noi, e a tanti altri esperti di mobilità, il minimo che bisognerebbe fare per non andare incontro a un aumento dell'inquinamento e per dare a tutti la possibilità di muoversi: 


1 - ridurre le auto in circolazione per contenere l'inquinamento e il traffico.
Istituendo la circolazione a targhe alterne nei giorni feriali con l'obbiettivo di dimezzare la quantità di auto in circolazione. Derogando solo per comprovate necessità (per esempio di persone con difficoltà a muoversi, medici in soccorso d'urgenza e simili).

2 - aumento della velocità commerciale, frequenza e puntualità dei mezzi pubblici in superficie.
Il modo per raggiungere questo obbiettivo lo abbiamo spiegato in molti dei nostri articoli, ed è riassunto sinteticamente nel -> primo post in home page di questo sito (semafori asserviti, corsie protette, e poco altro. In questo modo l'aumento di frequenza e velocità può raggiungere in alcuni casi anche il 100% rispetto a oggi). 

3 - Sostegno a tutte le forme possibili per favorire l’uso della mobilità ciclistica. 
Con un’attenzione fondamentale: MAI a scapito del trasporto pubblico di massa. 
Un esempio negativo in tal senso è la configurazione di viale Tunisia dopo la costruzione delle piste ciclabili che, restringendo la strada, hanno reso vana la corsia preferenziale del tram (la soluzione sarebbe molto semplice, basterebbe proteggere la corsia del tram posando un cordolo in terra, ma non è mai stata adottata).
Un’altra recentissima e inefficiente non-soluzione è quella adottata in viale Monza, che per preservare la quantità di posteggi cancellati per far spazio alla pista ciclabile vengono spostati in viale Padova, obbligando un autobus, la 56, a cambiare percorso deviandolo sulla trafficatissima via Andrea Costa. 
Lo spazio per la mobilità ciclabile lo si deve ricavare sottraendolo da quello della mobilità delle auto, MAI da quello del trasporto pubblico! 

4 - Cospicui aumenti alle risorse economiche investite nel trasporto pubblico, con particolare attenzione al settore ferrotranviario, recuperandole dalle enormi spese ora destinate a strade e autostrade.


Anche in una situazione come questa data dalla pandemia da Covid19 si può rispondere alle necessità dei cittadini con scelte funzionali .
Ma ci vuole la volontà politica e la lungimiranza di scelte radicali.
Se vogliamo salvare il pianeta e la nostra salute bisogna mettersi in testa che le città non possono più essere dominate dalle auto. 
Se non saranno questi amministratori a capirlo, o a volerlo fare, bisognerà costringerli con una forte pressione sociale dal basso.



Milano, 30.8.20





Covid19 - l'esatto contrario di quello che andava fatto

Il Comune di Milano vuole darsi un'immagine all'avanguardia, proiettata verso le altre capitali europee, ma scivola inevitabilmente sulla buccia di banana che da solo si tira fra i piedi.

- LE CORSIE DEI MEZZI PUBBLICI PER TUTTO IL PERIODO EMERGENZIALE SARANNO APERTE ALLE AUTOMOBILI -


Invece che fare di tutto per rendere più veloce e puntuale il trasporto pubblico per aumentarne la frequenza e quindi contrastare l'inevitabile calo di capienza dei mezzi dovuto alle norme per il distanziamento fisico, si cancellano le corsie preferenziali rallentando di molto la velocità dei mezzi e quindi diminuendone la frequenza.

Ma è possibile una scelta simile? Aver provato per qualche settimana a respirare ossigeno invece che azoto e polveri sottili non è piaciuto a nessuno in Comune?

Era proprio questo il momento di istituire nuove corsie per i mezzi, di far partire finalmente l'asservimento semaforico, di fare di tutto per aumentare la capacità della fitta rete dei mezzi di superficie di Milano.

Non basta disegnare qualche decina di km di piste ciclabili, come sta accadendo ora, per risolvere il problema del traffico e tanto meno dell'inquinamento, soprattutto se nella gerarchia fra mezzi rimane comunque al primo posto l'auto e all'ultimo il trasporto pubblico.

Già conoscevamo questa predisposizione delle giunte milanesi degli ultimi 30 anni almeno.
Si è visto in vari casi, come per esempio quando alcuni anni fa furono realizzate le piste ciclabili di viale Tunisia, allargando i marciapiedi ma senza prevedere protezione per la corsia del tram che inevitabilmente viene invasa dalle auto.
O come nella più recente ristrutturazione di via Vincenzo Da Seregno, percorsa da ben 4 linee di bus, ma a cui è stata cancellata la vecchia corsia del tram che era a centro strada. Bastava asfaltarla e in orario di punta i  bus invece che restare in coda per svariati minuti avrebbero potuto percorrere la via in pochi secondi.

Ci viene un dubbio, non è che a Milano nonostante cambi il colore della giunta, che sia rosa chiaro come questa e la precedente o nera come quella Moratti, non cambia molto per l'urbanistica e la mobilità sia dovuto al fatto che chi comanda veramente non è chi viene eletto dai cittadini ma solo e sempre lo stesso trasversale Partito Degli Affari?

Triste destino per una città che in passato è stata motore di innovazione culturale e civica in Italia.

Milano. 4.5.20


L'ordinanza presa dal Comune di Milano 



Covid19 - irresponsabili al comando

Il 4 maggio inizia la fatidica "Fase 2" in cui, come minimo, bisognerebbe evitare da parte di tutti di fare drammatici sbagli come nella fase 1.
Molti continuano a sottovalutare la situazione a fronte di esperti di fama mondiale che ci avvisano di un possibile rischio, che ci potrebbe portare alla necessità di 150.000 posti di terapie intensive, se si sbagliasse qualcosa in questo delicato passaggio.

Un esempio di come si può sbagliare in pieno ce lo fornisce Trenord.



Coronavirus, la fase 2 di Trenord prevede di lasciare a piedi i pendolari lombardi: cancellato 20% dei treni 
Andrea Sparaciari

Ripartire tagliando posti, ma anche il 20% del servizio. È la scelta di Trenord, la società di trasporti pendolari controllata da Regione Lombardia, che il 30 aprile in commissione Trasporti al Pirellone ha annunciato i suoi piani per la ripartenza del 4 maggio. Una ripartenza a rischio, un po’ perché il Dpcm del 26 aprile 2020 fissa norme rigide per la separazione sociale a bordo dei mezzi e quindi sul numero massimo di passeggeri trasportabili. Un po’ perché l’azienda ha deciso di cancellare un treno su cinque causa incapacità della flotta di reggere lo sforzo.



Sotto il primo aspetto – la separazione sociale decisa dal Dpcm -, la norma è chiara: taglio del 50% dei posti a sedere in aggiunta al taglio del 70% dei posti in piedi. Tradotto: un vagone della metropolitana passerà da 1.256 passeggeri a 260 (pari al 21% della capienza), mentre un treno TSR a cinque casse (il più diffuso nella variegata flotta Trenord) vedrà diminuire la propria capienza da 1.026 passeggeri a 308 (32%).

Una riduzione brutale che ha già suscitato le preoccupazioni dei pendolari. Alle quali però Trenord aveva risposto con un video datato 29 aprile nel quale spiegava tutti gli accorgimenti adottati: “Se il treno lo permette, si sale, altrimenti bisogna attendere quello dopo”, dice a un certo punto un responsabile dell’azienda ai giornalisti. E per sapere se il convoglio è in grado di ricevere nuovi passeggeri, si dovrà scaricare una nuova app che, per dirla con le parole dall’assessore lombardo ai Trasporti Claudia Terzi il 30 aprile, “permette di monitorare in tempo reale il livello di affollamento dei treni. E che diventerà a breve realtà“. Cioè a oggi ancora l’applicazione non c’è. E proprio mentre magnificava la app che arriverà, l’assessore annunciava il taglio del 20% del servizio.

Un treno di Trenord a Porta Garibaldi, Milano. Agf

Quindi il pendolare il 4 maggio andrà in stazione e dovrà tentare di salire sul suo treno. Se questo risulterà già pieno secondo la ventura applicazione, dovrà attendere il successivo, il quale però forse non arriverà perché soppresso.

Un controsenso, visto che nel piano consegnato ai consiglieri regionali lombardi, la stessa società scrive: “Il trasporto pubblico è critico perché concentrato in alcune fasce orarie” e tra le “possibili azioni” annovera: “Incremento frequenze, ampliamento delle fasce orarie di lavoro e smart working”.



Quindi è la stessa Trenord a indicare l’aumento della frequenza dei convogli come una soluzione al sovraffollamento. Anzi, a rigor di logica, la società avrebbe dovuto rimodulare i propri orari, dato lo stato di necessità, e offrire più corse di quelle previste dal contratto di servizio in determinate fasce orarie, visto che con la soppressione delle Frecce e degli intercity di Fs, la rete è assai più libera e i tanto additati colli di bottiglia agli ingressi delle stazioni non sono più un problema. Certo, esiste un oggettivo problema di risorse – azzerate negli ultimi due mesi con la caduta verticale degli incassi da biglietto –  tuttavia è una condizione comune a tutte le aziende di trasporto italiane e quindi è necessario un intervento a breve dello Stato. Che ancora non s’è visto, ma che è materia di discussione in sede di conferenza Stato-Regioni. Detto ciò, perché scegliere di tagliare al posto di aumentare?

Ufficialmente perché la domanda prevista di viaggiatori è stata stimata attorno al 15% del periodo pre-covid. Una stima molto ottimistica, equivalente a circa 100 mila passeggeri. Un numero che sarà confermato o smentito solo dopo il 4 maggio. Di sicuro però quei (teorici) 100 mila utenti si concentreranno in determinate fasce orarie, considerando che gli utilizzatori del TPL sono 50% sistematici, cioè lavoratori e studenti e 50% occasionali, e che il 65% dei sistematici si affolla in stazione tra le 7  e le 9 del mattino. Il 4 maggio gli studenti non ci saranno, d’accordo, ma molti lavoratori sì. E quelli dovranno andare al lavoro e poi dovranno tornare a casa, in qualche modo.

Ufficiosamente c’è un altro motivo che ha portato alla scelta di sopprimere parte del servizio: Trenord non è in grado di assicurare il 100% delle prestazioni previste dal contratto di servizio perché non ha treni sufficienti. La consegna dei famosi “nuovi treni” – quelli sempre indicati da Terzi come la panacea per i risultati disastrosi della società – infatti, si è scoperto in Commissione che è in ritardo di tre/sei mesi. Il motivo di tale ritardo non è stato specificato dall’assessore, né è stato spiegato come mai con un lockdown di un mese e mezzo, il fornitore sia riuscito ad accumulare un ritardo di mezzo anno. Quei convogli comunque non ci sono e, come scrive Trenord nel suo piano, cià comporterà “difficoltà nel mantenere le composizioni con un numero di posti adeguato e conseguente necessità di mantenere in servizio vecchi materiali”.

La fase attuale poi sarà da gestire con flotta vecchia, bilanciando quantità dell’offerta con misure che riducano al minimo disservizi e soppressioni (mai 100% dell’offerta, disponibilità treni di riserva, attività di manutenzione). E, se ciò appare fosco, ancora più preoccupante appare il futuro, perché scrive Trenord: “Da settembre situazione ancora più critica e necessità di avere nuovi treni da Trenotalia, da 30 a 40 carrozze MD + 5-6 loco E464”



Insomma, da maggio andrà male, ma da settembre sarà peggio. Unica magra consolazione per i pendolari il fatto che causa Covid 19 è sconsigliato l’uso dei condizionatori, quelli che negli anni scorsi a causa della mancata manutenzione e dell’età dei treni, si rompevano, determinando lo stop dei convogli.

Insomma, un piano con molte incognite, quello preparato da Regione Lombardia, che allarma i pendolari. Per esempio il Comitato Pendolari Cremaschi che in una nota esprime forte preoccupazione “per quello che potrebbe accadere dal 4 maggio sulla linea ferroviaria Cremona-Crema-Treviglio-Milano”. Nella missiva si legge: “Trenord ha pubblicato gli orari per questa settimana lavorativa e il numero delle corse è lo stesso di adesso. Riteniamo questo esiguo numero di corse assolutamente inaccettabile e in contrasto con l’ultima ordinanza regionale che ordina ripristino del servizio come nella fase precedente all’emergenza”. Per tanto chiedono “che sia al più presto aumentato il numero delle corse fino ad arrivare al 100% del servizio ferroviario”. E se i pendolari lanciano l’allarme, la politica certo non tace: “Regione Lombardia si è presentata in commissione Trasporti senza un piano che riguardasse la mobilità in generale, non solo il Tpl, per il quale ha annunciato solo misure scontate”, dice il consigliere M5s Nicola di Marco, “eppure ha avuto due mesi di tempo per prepararsi. E circa i problemi di flotta, il Pirellone sta mettendo le mani avanti, perché la mancata consegna di una decina di treni nuovi,  sugli oltre 300 che circolano quotidianamente, non può certo essere una giustificazione”.


(Articolo tratto da Bussinessinsider)

Milano, 3.5.20


Covid19 - non ci siamo ancora

Siamo sempre più vicini al dunque, e la riapertura (oculata o meno che sia) delle produzioni e della circolazione delle persone presto si tradurrà nel rivedere le nostre strade animarsi di persone e veicoli.

A questo proposito ieri l'assessore alla mobilità Marco Granelli ha pubblicato un lungo post sulla sua pagina facebook in cui spiega come il Comune di Milano e il suo assessorato hanno intenzione di affrontare la situazione.

I provvedimenti che l'Assessore indica nel suo post sono anche in parte condivisibili, in linea di massima vanno nella direzione giusta, ma ancora una volta non si mette mano alla velocizzazione del trasporto pubblico di superficie, vanificando in grande parte le potenzialità che si potrebbero mettere in campo.

Non c'è accenno a far partire finalmente l'asservimento dei semafori ai mezzi pubblici, non si parla di nuove corsie preferenziali, non si parla di abolire la demenziale norma che rallenta la velocità dei mezzi.

Tutte cose fattibili, e particolarmente necessarie in questo momento in cui l'unico modo per poter svolgere un servizio utile, e allo stesso tempo tenere il necessario distanziamento fra i passeggeri, è aumentare (di molto) le frequenze dei mezzi.
Quello che noi proponiamo da anni permetterebbe di aumentare considerevolmente la puntualità e la frequenza di tram e autobus senza neanche bisogno per Atm e Comune di mettere mano al portafogli per nuovo personale e nuovi mezzi (*1)

Ma Assessore, ci rivolgiamo a lei, perché non assumete da subito queste semplici proposte che tutti gli esperti di trasporto pubblico richiedono da anni?
Ci dica qual'è la maledizione che impedisce alla città di Milano, almeno sotto questo aspetto, di assomigliare un po' di più ad altre città europee e non solo?


(*1) Dopodichè per rispondere strutturalmente al disastro ambientale e sanitario in cui ci troviamo, sarebbe auspicabile e necessario un ancora più massiccio potenziamento del tpl, con assunzione di nuovo personale, acquisto di nuovi mezzi e ampliamento della rete e dell'offerta.
Sarebbero soldi spesi per il bene di tutti noi e del pianeta.



Il testo integrale del post pubblicato il 20.4.20 dall'assessore Granelli sulla sua pagina facbook:

La mobilità al tempo del coronavirus: siamo in emergenza e per la fase due dobbiamo organizzarci perché tutti quelli che devono muoversi per fare funzionare la città, lo facciano nel modo più sicuro per loro e per impedire il contagio. Non potremo avere metropolitane e bus superaffollate e quindi dovremo fare molto più lavoro a distanza e distribuire meglio gli orari. E poi, per evitare di avere un altro milione di auto nelle strade, dovremo potenziare le due ruote: più biciclette e più scooter elettrici, e anche monopattini. E anche più sharing. Quindi più ciclabili, semplici e veloci. La nostra metropolitana trasportava circa 1.400.000 persone ogni giorno. Per tenere la distanza di un metro, pur mettendo il massimo del servizio, come nel pieno della stagione invernale, questo numero dovrà scendere al 25-30%. Per raggiungere questo obiettivo possiamo lavorare per una forte collaborazione tra istituzioni, cittadini e imprese. E cioè con il lavoro a distanza, la diversificazione degli orari e dei tempi bisognerà diminuire il numero degli spostamenti e spalmare gli orari, diminuendo le ore di punta. ATM farà in modo che l’accesso alla metropolitana sia contingentato, informando quando si giungerà al livello di saturazione, e poi sulle carrozze e sui bus segnaleremo sul pavimento e sui sedili la distanza da tenere, e possibilmente anche nelle stazioni della metropolitana, alle fermate in strada. Noi e ATM faremo il massimo, chiediamo fin d’ora ai cittadini di seguire bene le regole e aiutarci. 
L’altra grande azione è compiere un salto di qualità sull’utilizzo della bicicletta. Per questo stiamo mettendo in campo un’azione straordinaria di realizzazione di percorsi ciclabili e di zone 30. Stiamo predisponendo atti e progetti per mettere in strada circa 35 km di nuovi percorsi ciclabili, da aggiungere ai poco più di 200 già esistenti, in un tempo compatibile con l’emergenza. E i primi saranno realizzati in maggio e giugno 2020. Tre sono le modalità alle quali abbiamo pensato. La prima è fare percorsi ciclabili e pedonalità che allarghi i marciapiedi dove è necessario camminare meno fitti, nel minore tempo possibile, in sola segnaletica. Significa tracciare in strada, lungo le principali direttrici, percorsi ciclabili lungo i marciapiedi, e tra il marciapiede e la sosta, e disegnare allargamenti dei marciapiedi laddove più stretti. Ci abbiamo già provato in qualche iniziativa di urbanismo tattico, e funziona. Un primo esempio sarà l’asse tra piazza San Babila e Sesto Marelli lungo corso Venezia, corso Buenos Aires, viale Monza. Una seconda modalità sarà utilizzare i controviali di assi della nostra città facendoli diventare zone 30 e far circolare le biciclette insieme con gli altri, ma in migliori condizioni di sicurezza e a bassa velocità. L’esempio è l’asse da piazzale Lagosta nel quartiere Isola fino al Parco Nord lungo viale Zara e viale Testi. Una terza modalità è insieme fare percorsi ciclabili e mettere in sicurezza strade e incroci lungo alcuni assi. Un mix di segnaletica e struttura L’esempio è l’asse tra piazza Bande Nere e Bisceglie lungo via Legioni Romane, via Berna e via Zurigo, con ciclabile in segnaletica tra marciapiedi e sosta e messa in sicurezza degli incroci con allargamenti dei marciapiedi e sicurezza degli attraversamenti pedonali. L’idea è anche che questa compresenza di segnaletica e struttura limitata alle parti essenziali, può essere la modalità per i nostri quartieri: fare zone 30 in questo modo ad esempio al quartiere Forlanini o Corvetto o all’Isola.
E infine con questa emergenza diminuire gli spostamenti significa più consegne a domicilio di farmaci e alimentari, ma anche altro, e poi più assistenza domiciliare e accompagnamenti. Per questo serve che in ogni strada ci siano posti di sosta per carico e scarico, oppure sosta breve. E qui stiamo lavorando per un piano speciale di posti di sosta breve in tutte le strade.
Per fare tutte queste cose abbiamo bisogno di risorse, ma anche di modifiche di regole del codice della strada. Per questo, anche insieme ai miei colleghi e colleghe di altre città e l’ANCI, stiamo interloquendo con il Governo per avere un fondo per investimenti come questi, maggiore duttilità sui lavori pubblici, regole più agili nel codice della strada. Le proposte le abbiamo fatte e speriamo ci siano risposte a breve.
Ed infine sappiamo che queste cose nessuna istituzione potrà farle da sola. Abbiamo bisogno di tanti cittadini responsabili che cambino comportamenti e che ci aiutino a cambiare in tanti. Sono certo che le associazioni e le categorie che incontrerò nei prossimi giorni avranno idee e proposte per aiutare Milano. Noi metteremo sul tavolo queste cose, ascolteremo le proposte e speriamo insieme di dare un forte segnale, per vincere il virus e vivere tutti meglio.


Milano, 21.4.20



Covid19 - cosa si può fare

Nel prossimo periodo dovremo affrontare il grosso problema della mobilità in una
-situazione completamente nuova- e per farlo dovremmo di conseguenza adottare una -concezione completamente nuova-. Per questo, prima di qualunque altra considerazione, dovremmo escludere l'idea di riaprire le città alle automobili.

Questo per un paio di fattori che a noi sembrano evidenti:

- il primo è che il traffico che si verrebbe a generare riporterebbe l'inquinamento a livelli altissimi non più accettabili, a maggior ragione nel momento in cui diversi studi scientifici attestano come lo stesso inquinamento diventi veicolo nella trasmissione del virus e indebolisca le vie respiratorie.

- il secondo è che il traffico veicolare rappresenta un impedimento per tutti gli altri sistemi di spostamento, sia quello dei mezzi pubblici che ne restano imbrigliati e rallentati, sia di quello ciclistico o pedonale.


Allora come fare?
Puntare tutto sul potenziamento del trasporto pubblico e sulla mobilità alternativa ciclabile e pedonale.
Il che vuol dire recuperare lo spazio da togliere alle auto per creare nuove e diffuse piste ciclabili in tutta la città, e puntare a coprire tutti i percorsi dei mezzi pubblici con corsie preferenziali e protette.

Abbiamo già detto in un precedente articolo che Atm non può risolvere il problema da sola, ci vogliono interventi profondi in tutta la società, che ne riorganizzino la struttura per ri-orientarne le finalità alla salvaguardia della salute pubblica e non, come è stato finora, orientate solo alla ricerca del business per i grandi capitali.

Detto questo comunque Atm, come qualsiasi altra azienda pubblica di trasporti, dovrebbe fare tutto il possibile per affrontare il prossimo periodo di distanziamento fisico, che molto probabilmente non sarà tanto breve, dando fondo al massimo delle sue potenzialità.

La prima osservazione da cui partire è che i mezzi, per permettere un corretto distanziamento fra i passeggeri, non potranno più essere riempiti al massimo della loro capienza, ma dovranno contenere un numero massimo di persone.
Per poterlo fare senza rendere vano il servizio l'unica possibilità è aumentare sensibilmente la frequenza delle corse, e quando diciamo "sensibilmente" non vuol dire aggiungere un paio di corse per linea a giornata, ma puntare a raggiungere un aumento delle frequenze del 30-50%.
Irrealistico? No. Costoso? Si, ma d'altro canto lasciare la città alle auto avrebbe dei costi maggiori in termini sanitari e di congestione stradale.

Come si può cercare di raggiungere questo obbiettivo?

Cominciando da quello che abbiamo sempre detto. Questo sito è nato proprio per spiegare come aumentare l'efficienza dei mezzi pubblici, basta andare in home page e leggersi i primi 4 articoli. Sono interventi facili, economici e molto "produttivi", che nel resto del mondo sono applicati già da vent'anni almeno, Atm ora deve decidere di attuarli subito, ed estenderli a tutta la rete.

A Milano i tram hanno la velocità commerciale più bassa di Europa, e questo significa anche un maggior dispendio di mezzi per coprire ogni linea.
Aumentare la velocità commerciale si traduce, oltre che in un servizio più funzionale e appetibile, in un aumento della frequenza a parità di corse effettuate.
Quindi la riduzione di auto, l'estensione dei percorsi preferenziali, l'asservimento semaforico, l'abolizione di alcune norme demenziali che esistono solo qui, ci porterebbe molto vicino all'obbiettivo di cui scrivevamo prima: aumentare di molto la frequenza dei mezzi. Non sarebbe sufficiente ma già, senza gravare su i costi di esercizio, ci saremmo portati avanti non poco.

Dopodichè Atm dovrebbe anche dar "fondo ai magazzini" e mettere in circolazione tutto il suo parco mezzi, assumere nuovo personale, potenziare le infrastrutture.

Se questi sono i passi necessari che chiediamo ad Atm e Comune di Milano - forte potenziamento dei mezzi, piste ciclabili, limitazione del traffico automobilistico - ci sono altri provvedimenti istituzionali che si potrebbero prendere per agevolare la gestione della mobilità in questo frangente, come ad esempio la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario per  favorire chi utilizza mezzi pubblici o propri, all'infuori di autoveicoli, per raggiungere il posto di lavoro. Oppure permettere la sospensione del bollo auto per chi autocertifica l'inutilizzo del proprio autoveicolo per un dato periodo, o lo scaglionamento orario delle attività lavorative per limitare i picchi di spostamenti.

L'importante è non tornare alla "Normalità" di prima,  quella del predominio delle auto, perchè è stato anche quello il modello di sviluppo che ci ha portato fino a qua.




Milano, 19.4.20










Covid19 - cosa facciamo con i mezzi?


Un problema che presto ci troveremo ad affrontare sarà la riapertura più o meno parziale o totale delle attività lavorative e il conseguente molto ma molto problematico problema della mobilità.

Un problema che da parte di Atm e istituzioni dovrebbe essere già stato affrontato e definito con un piano, per potersi trovare nelle condizioni di attuarlo fra meno di un mese ma di cui, come per tutto il resto, non ne sappiamo ancora niente.

Certo non si potrà tornare ad avere mezzi pubblici nelle ore di punta presi d'assalto dalle persone, che dovranno essere severamente contingentate se non vogliamo mettere in atto una strage in pochi giorni.

E d'altro canto se ci affidiamo al trasporto privato con al massimo due persone per auto è facile capire che bloccheremmo le città, con conseguente tragico problema di traffico e soprattutto di smog che, come è stato dimostrato da studi scientifici, ha una qualche correlazione con la diffusione del virus e soprattutto col suo tasso di letalità.

E quindi?

Quindi il problema non lo può risolvere solo Atm, o una qualsiasi altra azienda di trasporto.
Se non ci sarà un ripensamento globale e profondo sull'organizzazione sociale della produzione sarà il caos.
I provvedimenti da prendere dovranno partire dalla tutela della salute generale, lasciando solo in seconda posizione la "salute" dell'economia.
Se così non sarà fatto non avremo né la salute per le persone né,  alla lunga, quella dell'economia.

La cosa migliore sarebbe rimandare l’apertura delle molte aziende non indispensabili (di cui in Lombardia moltissime non sono mai state chiuse!), comunque in tutti i casi bisognerà contingentare l'ingresso e l'uscita dei lavoratori in orari diversi per non farli incontrare ma anche per non farli assembrare su i mezzi, far avere a tutti i dispositivi di protezione individuale sia per quando sono sul lavoro sia per quando con i mezzi tornano o vanno al lavoro.
Atm dovrà aumentare la frequenza dei mezzi(*) al massimo delle possibilità per poter diluire i passeggeri su più corse. E questo conferma una volta di più quanto Atm sia un bene prezioso per la città e quanto sia importante che resti un’azienda pubblica, un’azienda privata dovrebbe fare i conti con costi e ricavi e finirebbe a comportarsi in modo contrario alle necessità del momento.

Bisognerà anche predisporre dei mezzi di spostamento alternativi, fra cui in prima istanza quelli a due ruote, con la creazione immediate di nuove e più capienti piste ciclabili e di strade da dedicargli alternative al traffico.
Quindi di conseguenza restrizioni al traffico veicolare.
Ma tutto questo ancora non basterà se non si scaglionerà la produzione a fasi, per esempio una parte la mattina l'altra il pomeriggio, o una settimana si una no, etc...
Quello che dovrebbe essere escluso è riaprire tutto come fosse finito il problema per "tornare alla normalità" come prima.

Di tutto questo qualcuno se ne starà occupando, ma quali sono le idee guida che si stanno scegliendo?
Abbiamo il diritto di saperlo in anticipo e di discuterle, non fosse altro perché ne va della nostra vita.

Per adesso la Task Force messa insieme dal governo per gestire questo passaggio non ci convince molto come caratteristiche dei componenti.
Capitanata da Vittorio Colao, già ai vertici di Vodafone e un curriculum improntato al business, non presenta un gran numero di esperti di sanità pubblica e gestione di situazioni di crisi, ma soprattutto non prevede nessuno che si intenda di trasporti e di urbanistica.
Questo non fa ben sperare.

Nota a margine: (*) "aumentare la frequenza dei mezzi..." Questo sito è nato proprio per spiegare come aumentare l'efficienza dei mezzi pubblici. Basta andare in home page e leggersi i primi 4 articoli. Sono interventi facili economici e molto "produttivi", che nel resto del mondo sono applicati già da vent'anni almeno, Atm ora si deciderà finalmente ad adottarli?




Milano, 14.04.20

Il virus dell'inquinamento

Questo nostro sito, e la campagna che promuove, si batte da anni per una rivoluzione radicale della mobilità milanese, quanto mai necessaria, ma assolutamente realizzabile.

Per due ragioni importanti:

- La prima è il diritto a muoversi per tutti, in sicurezza ed in modo efficiente.
- La seconda è il grande impatto del settore dei trasporti sulla qualità dell'aria e di conseguenza sulla salute dei cittadini.

Non ci vuole un genio per capire che ciò che proponiamo ha un valore che viene prima di qualunque altra considerazione, ma sembrerebbe che la politica e l'economia non lo capiscano, oppure che lo capiscono ma, per interessi particolari, non vogliano praticarlo.

In questi giorni terribili, un virus sta stravolgendo le nostre vite.
Diversi studi scientifici segnalano una correlazione tra il livello di inquinamento atmosferico (in particolare, il PM10) e la diffusione dell’epidemia. Il particolato atmosferico fungerebbe da veicolo ulteriore per la penetrazione del virus nel nostro apparato respiratorio.

La nostra vita non può valere più degli interessi di qualcuno.
Milano e i suoi cittadini meritano qualcosa di meglio che non le politiche dei trasporti degli ultimi trent’anni.
Milano e il mondo devono cambiare per salvarsi.

Per parte nostra abbiamo cercato, con questo sito, di indicare alcuni provvedimenti che potrebbero in poco tempo migliorare il trasporto pubblico a Milano.
I nostri amministratori pubblici non danno grandi segni di avere compreso l’urgenza della questione e ciò che hanno attuato sinora è terribilmente al disotto del necessario.

Appena potremo tornare alla usuale socialità, bisognerà affrontare in modo risolutivo la questione.
O Milano e le città italiane cambiano paradigma e gerarchia dei valori sociali e ambientali, o non usciremo mai più dall'incubo che stiamo vivendo.

Nel frattempo, da casa, cerchiamo di diffondere coscienza fra più persone possibili.

MuoviTi
Milano, 19.3.20


Un altro contributo importante da leggere:
NON ANDRÀ TUTTO BENE
di Gian Luca Garetti, vicepresidente nazionale di Medicina Democratica e membro di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).




Coronavirus, lo studio: “Smog e polveri sottili hanno accelerato la diffusione di Sars Cov2”

Anche l’inquinamento atmosferico che affligge in particolar modo la Pianura padana potrebbe avere dato un contributo alla diffusione di Sars Cov2. Una solida letteratura scientifica descrive il ruolo del particolato atmosferico quale efficace carrier, ovvero vettore di trasporto e diffusione per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni. Il gruppo di ricercatori coinvolti nella ricerca ha esaminato i dati pubblicati sui siti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale relativi a tutte le centraline di rilevamento attive sul territorio nazionale, registrando il numero di episodi di superamento dei limiti di legge (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera) nelle province italiane.





Parallelamente, sono stati analizzati i casi di contagio da Covid 19 riportati sul sito della Protezione Civile. Si è evidenziata una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10-29 febbraio e il numero di casi infetti aggiornati al 3 marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 febbraio di 14 giorni approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta). In Pianura padana si sono osservate le curve di espansione dell’infezione che hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a distanza di 2 settimane, con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico, che hanno esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia.




“Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura padana hanno prodotto un boost, un’accelerazione alla diffusione del Covid-19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”, afferma Leonardo Setti dell’Università di Bologna. Come conferma Gianluigi de Gennaro, dell’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Ridurre al minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole”.

Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), aggiunge: “L’impatto dell’uomo sull’ambiente sta producendo ricadute sanitarie a tutti i livelli. Questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente sostenibile, per il bene dell’umanità e del pianeta. In attesa del consolidarsi di evidenze a favore dell’ipotesi presentata, in ogni caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere considerata un possibile indicatore o ‘marker’ indiretto della virulenza dell’epidemia da Covid1 9″.
Coronavirus, le mappe della Nasa prima e dopo l’epidemia: enorme declino dei livelli di inquinamento
Coronavirus, le mappe della Nasa
 prima e dopo l’epidemia:
enorme declino dei livelli di inquinamento

Grazia Perrone, docente di Metodi di analisi chimiche della Statale di Milano, conclude: “Il position paper è frutto di un studio no-profit che vede insieme ricercatori ed esperti provenienti da diversi gruppi di ricerca italiani ed è indirizzato in particolar modo ai decisori”.

(link all'articolo originale de Il Fatto Quotidiano)













Covid19 - Riduzione mezzi forse non è una genialata...

In questo surreale tempo dominato dalla pandemia del Covid19 sono tante le cose che non funzionano o funzionano male (tipo accorgersi che aver tagliato la sanità pubblica a favore del mercato privato ha ora delle conseguenze drammatiche).
Da parte nostra vorremmo farne notare uno di questi provvedimenti, che non condividiamo, legato al tema del quale ci occupiamo, il trasporto pubblico.

Troviamo alquanto sbagliata la scelta di Atm e Comune di Milano di ridurre i mezzi pubblici in circolazione, aumentandone così l'affollamento, e al contempo chiedere alle persone di stare, giustamente, distanti fra di loro.

Ed è altrettanto assurda questa riduzione nel momento in cui non sono ancora state fatte chiudere tutte le produzioni non essenziali, costringendo molti lavoratori a recarsi al lavoro lo stesso e mettendoli in pericolo inutilmente, oltre che sul posto di lavoro, anche su i mezzi.

E tutto questo mentre i lavoratori Atm continuano a essere sprovvisti di dispositivi di protezione.

Pubblichiamo il comunicato stampa della Cub Trasporti, un sindacato di base dei tranvieri milanesi, che affronta questo argomento.








Milano, 16.3.20