Covid19 - irresponsabili al comando

Il 4 maggio inizia la fatidica "Fase 2" in cui, come minimo, bisognerebbe evitare da parte di tutti di fare drammatici sbagli come nella fase 1.
Molti continuano a sottovalutare la situazione a fronte di esperti di fama mondiale che ci avvisano di un possibile rischio, che ci potrebbe portare alla necessità di 150.000 posti di terapie intensive, se si sbagliasse qualcosa in questo delicato passaggio.

Un esempio di come si può sbagliare in pieno ce lo fornisce Trenord.



Coronavirus, la fase 2 di Trenord prevede di lasciare a piedi i pendolari lombardi: cancellato 20% dei treni 
Andrea Sparaciari

Ripartire tagliando posti, ma anche il 20% del servizio. È la scelta di Trenord, la società di trasporti pendolari controllata da Regione Lombardia, che il 30 aprile in commissione Trasporti al Pirellone ha annunciato i suoi piani per la ripartenza del 4 maggio. Una ripartenza a rischio, un po’ perché il Dpcm del 26 aprile 2020 fissa norme rigide per la separazione sociale a bordo dei mezzi e quindi sul numero massimo di passeggeri trasportabili. Un po’ perché l’azienda ha deciso di cancellare un treno su cinque causa incapacità della flotta di reggere lo sforzo.



Sotto il primo aspetto – la separazione sociale decisa dal Dpcm -, la norma è chiara: taglio del 50% dei posti a sedere in aggiunta al taglio del 70% dei posti in piedi. Tradotto: un vagone della metropolitana passerà da 1.256 passeggeri a 260 (pari al 21% della capienza), mentre un treno TSR a cinque casse (il più diffuso nella variegata flotta Trenord) vedrà diminuire la propria capienza da 1.026 passeggeri a 308 (32%).

Una riduzione brutale che ha già suscitato le preoccupazioni dei pendolari. Alle quali però Trenord aveva risposto con un video datato 29 aprile nel quale spiegava tutti gli accorgimenti adottati: “Se il treno lo permette, si sale, altrimenti bisogna attendere quello dopo”, dice a un certo punto un responsabile dell’azienda ai giornalisti. E per sapere se il convoglio è in grado di ricevere nuovi passeggeri, si dovrà scaricare una nuova app che, per dirla con le parole dall’assessore lombardo ai Trasporti Claudia Terzi il 30 aprile, “permette di monitorare in tempo reale il livello di affollamento dei treni. E che diventerà a breve realtà“. Cioè a oggi ancora l’applicazione non c’è. E proprio mentre magnificava la app che arriverà, l’assessore annunciava il taglio del 20% del servizio.

Un treno di Trenord a Porta Garibaldi, Milano. Agf

Quindi il pendolare il 4 maggio andrà in stazione e dovrà tentare di salire sul suo treno. Se questo risulterà già pieno secondo la ventura applicazione, dovrà attendere il successivo, il quale però forse non arriverà perché soppresso.

Un controsenso, visto che nel piano consegnato ai consiglieri regionali lombardi, la stessa società scrive: “Il trasporto pubblico è critico perché concentrato in alcune fasce orarie” e tra le “possibili azioni” annovera: “Incremento frequenze, ampliamento delle fasce orarie di lavoro e smart working”.



Quindi è la stessa Trenord a indicare l’aumento della frequenza dei convogli come una soluzione al sovraffollamento. Anzi, a rigor di logica, la società avrebbe dovuto rimodulare i propri orari, dato lo stato di necessità, e offrire più corse di quelle previste dal contratto di servizio in determinate fasce orarie, visto che con la soppressione delle Frecce e degli intercity di Fs, la rete è assai più libera e i tanto additati colli di bottiglia agli ingressi delle stazioni non sono più un problema. Certo, esiste un oggettivo problema di risorse – azzerate negli ultimi due mesi con la caduta verticale degli incassi da biglietto –  tuttavia è una condizione comune a tutte le aziende di trasporto italiane e quindi è necessario un intervento a breve dello Stato. Che ancora non s’è visto, ma che è materia di discussione in sede di conferenza Stato-Regioni. Detto ciò, perché scegliere di tagliare al posto di aumentare?

Ufficialmente perché la domanda prevista di viaggiatori è stata stimata attorno al 15% del periodo pre-covid. Una stima molto ottimistica, equivalente a circa 100 mila passeggeri. Un numero che sarà confermato o smentito solo dopo il 4 maggio. Di sicuro però quei (teorici) 100 mila utenti si concentreranno in determinate fasce orarie, considerando che gli utilizzatori del TPL sono 50% sistematici, cioè lavoratori e studenti e 50% occasionali, e che il 65% dei sistematici si affolla in stazione tra le 7  e le 9 del mattino. Il 4 maggio gli studenti non ci saranno, d’accordo, ma molti lavoratori sì. E quelli dovranno andare al lavoro e poi dovranno tornare a casa, in qualche modo.

Ufficiosamente c’è un altro motivo che ha portato alla scelta di sopprimere parte del servizio: Trenord non è in grado di assicurare il 100% delle prestazioni previste dal contratto di servizio perché non ha treni sufficienti. La consegna dei famosi “nuovi treni” – quelli sempre indicati da Terzi come la panacea per i risultati disastrosi della società – infatti, si è scoperto in Commissione che è in ritardo di tre/sei mesi. Il motivo di tale ritardo non è stato specificato dall’assessore, né è stato spiegato come mai con un lockdown di un mese e mezzo, il fornitore sia riuscito ad accumulare un ritardo di mezzo anno. Quei convogli comunque non ci sono e, come scrive Trenord nel suo piano, cià comporterà “difficoltà nel mantenere le composizioni con un numero di posti adeguato e conseguente necessità di mantenere in servizio vecchi materiali”.

La fase attuale poi sarà da gestire con flotta vecchia, bilanciando quantità dell’offerta con misure che riducano al minimo disservizi e soppressioni (mai 100% dell’offerta, disponibilità treni di riserva, attività di manutenzione). E, se ciò appare fosco, ancora più preoccupante appare il futuro, perché scrive Trenord: “Da settembre situazione ancora più critica e necessità di avere nuovi treni da Trenotalia, da 30 a 40 carrozze MD + 5-6 loco E464”



Insomma, da maggio andrà male, ma da settembre sarà peggio. Unica magra consolazione per i pendolari il fatto che causa Covid 19 è sconsigliato l’uso dei condizionatori, quelli che negli anni scorsi a causa della mancata manutenzione e dell’età dei treni, si rompevano, determinando lo stop dei convogli.

Insomma, un piano con molte incognite, quello preparato da Regione Lombardia, che allarma i pendolari. Per esempio il Comitato Pendolari Cremaschi che in una nota esprime forte preoccupazione “per quello che potrebbe accadere dal 4 maggio sulla linea ferroviaria Cremona-Crema-Treviglio-Milano”. Nella missiva si legge: “Trenord ha pubblicato gli orari per questa settimana lavorativa e il numero delle corse è lo stesso di adesso. Riteniamo questo esiguo numero di corse assolutamente inaccettabile e in contrasto con l’ultima ordinanza regionale che ordina ripristino del servizio come nella fase precedente all’emergenza”. Per tanto chiedono “che sia al più presto aumentato il numero delle corse fino ad arrivare al 100% del servizio ferroviario”. E se i pendolari lanciano l’allarme, la politica certo non tace: “Regione Lombardia si è presentata in commissione Trasporti senza un piano che riguardasse la mobilità in generale, non solo il Tpl, per il quale ha annunciato solo misure scontate”, dice il consigliere M5s Nicola di Marco, “eppure ha avuto due mesi di tempo per prepararsi. E circa i problemi di flotta, il Pirellone sta mettendo le mani avanti, perché la mancata consegna di una decina di treni nuovi,  sugli oltre 300 che circolano quotidianamente, non può certo essere una giustificazione”.


(Articolo tratto da Bussinessinsider)

Milano, 3.5.20