Riportiamo un'evento accaduto a una nostra lettrice su una linea di filobus milanesi.
L'accaduto per la verità non è strettamente legato al tema dei trasporti pubblici, ma più a quello della nostra civiltà, del decadimento dei rapporti fra le persone in nome di "ragioni superiori" che ci fanno credere di essere esentati dall'usare la nostra mente e il nostro cuore, riflesso del clima culturale dominante in questo momento.
Benissimo ha fatto la nostra lettrice a prendere parola nella vicenda, per parte nostra ricordiamo a tutti che in casi controversi è sempre bene prendere nota della matricola del mezzo, della linea e dell'orario.
In fondo anche i regolamenti possono essere sbagliati, e in quel caso vanno cambiati.
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Che fortuna, trovare da sedere sulla 90. E' talmente vuoto, alle 11.10 del mattino, che posso scegliere il posto, in fondo al filobus.
Dopo qualche fermata i miei pensieri sono rotti da un frastuono. E' l'autista, che urla all'interfono: “Il passeggino deve essere chiuso! Lo dice il regolamento! Chiudi subito quel passeggino, se vuoi salire”. Destinataria, una donna con la pelle più scura della mia, e il bambino che è legato al passeggino. Credo che abbia tra i due e i tre anni.
La donna sale, i gradini sono alti, nessuno l'aiuta. Tutti la guardano. Si dirige verso la testa del filobus, verso l'autista. Commento ad alta voce che si potrebbe essere più gentili, con una donna che a fatica carica un passeggino, in un autobus vuoto, gli scalini alti e scomodi.
Il mezzo riparte. Non ci penso più. Ma alla fermata successiva mi accorgo che un uomo, un passeggero, sta scaricando a terra il passeggino, mentre altri parlano.
Non capisco cosa dicano, mi precipito verso l'uscita: “Cosa state facendo? State cacciando dall'autobus una donna con un bambino?!” - mi metto a gridare.
Dura tutto pochi secondi.
L'autista si volta e mi urla che il regolamento parla chiaro, e lui lo applica. Guardo la donna, è seduta su un sedile, il bambino in braccio. Il passeggero che ha scaricato il passeggino, da terra le dice: “Signora, scenda”. Le fa anche segno con le mani. Mi volto interrogativa verso gli altri passeggeri, per capire cosa stia succedendo. Una donna mi dice: “Il passeggino non si chiude”.
Alzo la voce anche io: “E quindi state cacciando una donna con un bambino da un autobus vuoto?”. Mentre l'autista replica che il regolamento va rispettato, la donna scende. Gli rispondo che questa non è legalità, è cattiveria, che non si possono trattare in questo modo le persone in difficoltà, solo perché non si chiude un passeggino. Che il mezzo è vuoto e il passeggino non può dare alcun fastidio.
Ma non c'è già più niente da fare, la donna è scesa, l'autista volta le spalle, chiude le porte, e riparte.
Non ci posso credere. Mi volto verso gli altri passeggeri, mi metto a urlare “come è possibile? Quale cattiveria può arrivare a far scendere una donna da un autobus vuoto, a umiliarla in questo modo? In un autobus vuoto?!!”.
Torno verso il fondo, mi risiedo al posto che avevo lasciato. “Vergogna”.
Nessuno parla. Solo un uomo, alzando il mento, sentenzia: “E' il regolamento”.
“Ah sì? E se fosse stata sua figlia? Se fosse stata sua moglie? Ha mai portato un passeggino su un autobus?”.
“Le regole vanno rispettate” - scandisce l'uomo, fulminandomi con lo sguardo.
“Ma quali regole? Lasciare a terra una donna in difficoltà con un bambino è cattiveria, è odio. Cosa dovrebbe fare, ora, a terra, con il suo passeggino?”.
“Sono le regole” - ripete.
Solo una ragazza davanti a lui gli dice: “E se fosse stata sua figlia?”
Sono incredula. Restano tutti zitti. A bordo ci sono perlopiù persone anziane, oltre a qualche straniero. In silenzio. Hanno appena assistito a una scena “colpirne uno per educarne cento”.
Dico ad alta voce un'ultima cosa, prima di scendere. A quell'uomo. A tutti. “Se fosse capitato a me, che sono bionda e con gli occhi azzurri, per prima cosa l'autista mi avrebbe dato del lei e mi avrebbe chiamata Signora, e poi scommetto che una soluzione si sarebbe trovata, se il passeggino non si fosse chiuso. Vergogna”.
Scendo, tremo di rabbia e ho solo voglia di piangere. Ma non è nulla rispetto alla violenza che hanno subito una donna e il suo bambino.
..."
Milano, 29.5.19