E se invece abolissimo il biglietto?

La notizia dell'aumento del biglietto dei mezzi a 2 euro, che il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha annunciato per il 2019, ha fatto subito nascere una diffusa e condivisibile protesta in rete.

Come scrivevamo pochi giorni fa si tratta di un provvedimento scellerato per la salute dei cittadini tenuto conto delle condizioni ambientali di Milano, e profondamente ingiusto dal punto di vista sociale per come scarica sulle fasce più deboli della popolazione il costo di gestioni e scelte, spesso sindacabili, prese dall'Amministrazione.

Se la spontanea protesta è del tutto giustificata e condivisibile riscontriamo però una diffusa tendenza a mettere in evidenza un aspetto del tutto marginale al contendere e che rispecchia purtroppo una certa tendenza "iperlegalitaria" dei nostri tempi: molti credono che il motivo che spingerebbe il Comune ad aumentare il biglietto sia dovuto ai "Portoghesi", ossia a chi viaggia senza pagare il biglietto, e che la soluzione stia nel pretendere maggiori controlli per impedire la circolazione dei "furbetti col cellulare della Nike" sui mezzi pubblici.

Ma è questa la soluzione al problema del costo del biglietto? No.

Per quanto sia comprensibile che pagare il biglietto quando altri non lo fanno possa sembrare "un'ingiustizia", bisognerebbe tenere presente una serie di fattori:

- il costo del servizio è coperto solo in parte dagli incassi del biglietto perché, giustamente, buona parte dei costi li copre lo Stato con il trasferimento agli enti locali di una quota prelevata dalla fiscalità generale (quindi, a voler vedere, i "Portoghesi" in fondo non viaggiano proprio completamente gratis...).

- Milano è la città d'Italia col più basso tasso di evasione del biglietto. In metropolitana, prima dell'adozione dei fastidiosi tornelli chiusi in uscita, il tasso di evasione era dello 0,9% (zero virgola nove), adesso probabilmente è ancora più basso. Sui mezzi di superficie il tasso è decisamente più alto ma è comunque il più basso d'Italia

- quindi invece che prendercela col nostro compagno di viaggio, che forse è costretto a "saltare il tornello" per le sue condizioni di precario, migrante, licenziato, senza reddito, sarebbe meglio guardare all'operato dell'amministrazione di Atm e Comune, e alle loro scelte molto spesso sindacabili e contestabili dal punto di vista tecnico e trasportistico. Sprechi ed "errori" strategici che in questo nostro sito abbiamo più volte messo in evidenza.

Il biglietto devono pagarlo tutti?
Bene, allora aboliamolo!

Per reperire tutte le risorse necessarie ad avere un trasporto pubblico pagato veramente da tutti, si può farlo attraverso le imposte, in modo progressivo e in base al reddito.
Per un servizio che è strategicamente fondamentale per la salvaguardia della salute e dell'ambiente, e che deve essere universale e accessibile sempre per tutti.

Ricapitolando:

1°- non dipende dall'evasione del biglietto lo stato dell'Atm
2°- i mezzi pubblici, come tutti i servizi fondamentali, dovrebbero essere gratuiti (cioè pagati in base al reddito attraverso le tasse).
3°- ci può essere una gestione del trasporto cittadino che ne migliori sensibilmente velocità e puntualità senza per questo dover investire in opere faraoniche che producono, essendo facilmente "popolari", bei risultati elettorali ai politici, molti profitti alle aziende che le realizzano, ma un debito infinito per i cittadini.



Come approfondimento invitiamo a leggere il seguente articolo (link originale) tratto da  Cityrailways.com:



TRASPORTO PUBBLICO E GRATUITO?

28/07/2015


Molti – e non solo in Italia – continuano ad attribuire i problemi finanziari dei gestori del servizio di trasporto pubblico all’inadeguatezza delle tariffe oppure alla loro mancata applicazione.
Nel fare questa considerazione ci si dimentica che il trasporto pubblico – oltre ad essere un diritto costituzionalmente garantito (art. 16) – è un servizio di prima necessità. E come tale rientra nei servizi minimi essenziali, insieme alla Sanità e alla Scuola.
Per legge in Italia la vendita dei titoli di viaggio deve coprire il 30% dei costi di esercizio del servizio: ma questa cifra ricorre anche nei sistemi di altissima qualità. Basti pensare che a Parigi la vendita di biglietti e tessere copre il 29.7% dei costi totali. Il Syndicat des Transports d’Île-de-France si sostiene per il 62% con la tassazione (Versement de Transport pagato dalle aziende con oltre 9 dipendenti).
Visto per rapporto tra tassazione effettiva italiana e PIL l’Italia è al 5° posto in Europa e all’8° nel mondo, accanto a Paesi con servizi sociali di tutt’altro livello, sarebbe ridurre il costo delle tariffe della mobilità o addirittura prevedere delle zone di viaggio gratuito?
Secondo alcuni analisti la risposta è affermativa.
Al momento la città più grande in Europa a tentare questo esperimento è Tallinn, in Estonia, dove la gratuità riguarda il centro storico. La gratuità ha portato al 68% la quota modale del trasporto pubblico (+13%) con uno spostamento modale del +8% tra chi non aveva mai utilizzato il trasporto pubblico. L’efficienza del trasporto pubblico, rapido (54% dei percorsi in sede riservata e protetta) e gratuito ha avuto i suoi effetti. In un contesto di forte decrescita demografica estone, la municipalità di Tallinn ha guadagnato 11.000 residenti in un anno ovvero 11.2 milioni di entrate fiscali.
Un successo che non è sfuggito nemmeno ai tecnici UE che segnalano la gratuità del trasporto pubblico come un rilevante fattore di crescita locale.
In Francia sono state le medie e piccole città a fare da apripista sul discorso gratuità della mobilità: in un precedente articolo abbiamo parlato proprio di Aubagne, ad oggi la più grande città francese gratuita.
Nel mondo il più grande esperimento di gratuità si sta svolgendo a Chengdu, metropoli cinese di 10 milioni di abitanti. Qui sono 44 le linee di bus gratuite mentre il sistema della metropolitana ha una tariffazione simbolica: i titoli variano da 1 a 5 yuan, ovvero da 14 a 70 centesimi di euro.
Per un confronto del costo della vita, il salario netto medio italiano è di 1.045 euro, a Chengdu 877 euro. Il prezzo medio di un appartamento in zona non centrale è di 4.310 euro a Roma, 1.200 a Chengdu: in sintesi il rapporto di costo della vita Italia/Chengdu è di 100:74. La tariffa massima del metrò di Chengdu è di 94 centesimi di euro (valore italiano).
La tariffa media di viaggio per la metro di Chendgu è di 1.25 yuan per 10 km ovvero 17.5 centesimi di euro per 10 km. A Pechino la tariffa media della metropolitana è di 2.82 yuan per 10 km ovvero 39.6 centesimi di euro per 10 km.
La metro di Pechino conta 18 linee e si sviluppa per 527 km registra e registra 10.087.000 passeggeri. In rapporto al totale residenti nell’area urbana (20.562.879 al 1/1/2015) si trovano 165 viaggi anno per abitante.
La metro di Chendgu, molto meno estesa di quella di Pechino (ma sono in costruzione ben 8 linee) conta due linee per 66.3 km. Il sistema è completato da un anello di BRT sopraelevato di 28,8 km. Le due linee metro e il BRT hanno un traffico medio feriale di 1.433.250 passeggeri. In rapporto al totale residenti nell’area urbana (20.562.879 al 1/1/2015) si trovano 45 viaggi anno per abitante.
Nel 2013 la produttività del sistema era di 27 viaggi anno per abitante: gratuità nella zona centrale della città e basse tariffe hanno aumentato del doppio la ripartizione modale. Si noti che Chengdu non è una città di serie B: giornalmente attrae 14,2 milioni di spostamenti e di questi “solo” 5,4 milioni sono assorbiti dal sistema di trasporto pubblico (38%), la restante parte si svolge con il mezzo privato. Una città molto “italiana” come abitudini, direbbe un pechinese medio.
Chengdu e Pechino mostrano una lezione fondamentale: che la tariffa non incide sulla produttività di una sistema quando questo è molto sviluppato. Ma che le tariffe pesano sulla produttività dei sistemi non estesi o comunque sottodimensionati rispetto alla dimensione dell’area urbana di riferimento.
Una lezione che per le città italiane vale la pena di studiare.



Milano, 07.01.18